Società a Partecipazione Pubblica : il ripiano delle perdite va motivato art.14.comma 5 D.lgs 175/2016
E’ di grande interesse la deliberazione n. 333/2016/Par del 26 ottobre 2016 la Corte dei conti, sezione di controllo per la Campania, con la quale ritorna sul tema delle società in perdita richiamando le avvertenze che i soci pubblici devono osservare per non incorrere in forme di responsabilità erariale, a causa di un impiego non oculato di risorse pubbliche alla luce del d.lgs. n.175/2016 art.14.
La Corte rileva che l’argomento deve essere vagliato alla luce dell’articolo 14 comma 5, del Dlgs 175/2016, recante il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, che rispetto al ripiano delle perdite riproduce sostanzialmente il testo di cui all’articolo 6, comma 19, del Dl 78/2010, convertito in legge 122/2010, oggi abrogato per effetto dello stesso decreto. Si tratta della norma in base alla quale gli enti «non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali» .
Nel caso di specie, la sezione è interpellata da un Comune che chiede se sia legittimo destinare una parte dell’avanzo di amministrazione al ripiano delle perdite di una società a totale capitale pubblico, titolare della gestione di servizi locali aventi un’importanza essenziale per il territorio. I giudici premettono, come di consueto, che la funzione consultiva della Corte non sia finalizzata a dare indicazioni alla concreta attività gestionale rimessa alle valutazioni discrezionali dell’ente, per cui si limitano a tratteggiare una ricostruzione del vigente quadro normativo, dando utili indicazioni di principio per operare in un ambito amministrativo non esente da dubbi e criticità. Il collegio osserva poi che il risultato contabile di amministrazione è il dato di sintesi dell’intera gestione finanziaria, e nell’ordinamento contabile degli enti locali risulta definito dall’articolo 186 del Tuel quale somma «pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi».
La disciplina dell’istituto trova la sua regolamentazione nel successivo articolo 187 del Testo unico, che fa obbligo all’Ente di provvedere ad effettuare una duplice verifica per la quantificazione dei fondi destinati agli investimenti, confrontando le entrate in conto capitale e da accensione prestiti accertate in conto competenza, con le spese in conto capitale impegnate nell’esercizio. La differenza fra le suddette poste costituisce quota destinata agli investimenti. Occorre altresì confrontare gli importi da residui passivi per spese in conto capitale eliminati, con eventuali residui attivi derivanti da entrate in conto capitale e da accensione prestiti eliminati . L’eventuale differenza positiva determina un incremento della quota del risultato di amministrazione da destinare a detto fine. L’avanzo libero, quindi, costituisce una risorsa a carattere residuale, di natura straordinaria con caratteristiche di non ripetitività, almeno nel suo ammontare, ciò spiega le cautele previste dal legislatore in ordine al suo utilizzo.
Quanto l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione “per il ripiano di perdite della società a totale capitale pubblico che gestisce servizi pubblici, la Corte afferma che deve essere esaminata alla luce dell’art.14 comma 5 del T.U. in materia di società partecipate che prevede specifici limiti”. Infatti l’art. citato specifica che “le amministrazioni di cui all’art.1 comma 3 L.31.12.2009 n.196 non possono salvo quanto previsto dagli artt.2447 e 2482-ter del c/c effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripiano di perdite anche infrannuali.
I giudici rammentano che in una protratta situazione di disavanzo economico societario, resa evidente da bilanci in progressiva perdita e tale da integrare i presupposti di cui sopra, la P.A. può certamente intervenire per rimuovere la causa di scioglimento e liquidazione della società per effetto dell’articolo 2484, punto 4, del Codice civile, ma in tal caso è un preciso dovere dell’ente socio indicare le motivazioni economiche per cui non operi lo scioglimento della società, ma si propenda per la ricapitalizzazione. Il ripiano delle perdite, in altre parole, non può mai essere frutto di un automatismo ex lege, ma deve essere sempre accompagnato da adeguate valutazioni tecnico-amministrative da parte degli organi dell’ente in ordine alla partecipazione societaria, in modo che l’impiego di risorse pubbliche abbia sempre luogo nella prospettiva di una adeguata remunerazione del capitale investito.
Giancarlo Zeccherini
![]() |