Governance: compenso amministratori società partecipate pronunciamento Magistratura Contabile

In attesa del Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze, previsto dall’art.11 comma 6 del d.lgs.175/2016 , che determini per tutte le società a controllo pubblico il compenso degli amministratori con un limite massimo di euro 240.000 annui; introducendo vincoli non più ancorati a parametri storici o ad emolumenti percepiti da altri soggetti i sindaci, ma ad indicatori dimensionali, qualitativi e quantitativi, riferiti alla medesima società (fatturato, numero di dipendenti, utenti serviti) e dovrà inoltre stabilire i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurandola ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. Sul tema dei compensi degli amministratori per una corretta applicazione della normativa si vuole citare i pronunciamenti avvenuti nelle ultime settimane da parte della magistratura contabile.

Primo la delibera della Corte dei Conti Liguria n.90/2016/PAR del 20.10.2016) su richiesta di parere formulato da un Comune in materia di compensi agli amministratori di società partecipate ,nello specifico alla liquidità di un’indennità di risultato, calcolata in misura proporzionale agli utili prodotti dalla società, nonchè di eventuali rimborsi di spese documentate.

La disciplina dei vincoli finanziari agli emolumenti degli amministratori di società partecipate da enti locali è oggetto di due vincoli:

  • Quello del Decreto legge n.95 del 2012, riguardante il costo complessivo dell’organo;
  • Quello della legge finanziaria per il 2007 (L.296/2006 art.1 comma 725 afferma “nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del Consiglio di Amministrazione, non può essere superiore per il presidente all’80% e per i componenti al 70% delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell’articolo 82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili ed in misura ragionevole e proporzionata”) l’emolumento spettante al singolo amministratore, trovano concorrente applicazione nel caso degli organi di amministrazione, monocratici o collegiali, delle società partecipate da enti locali.

Diverso è infatti l’ambito di applicazione delle due normative, posto che la legge finanziaria per il 2007 aveva introdotto un limite al compenso del singolo amministratore per le sole società partecipate da comuni e province. Diversamente il D.lgs.95 del 2012 art.4 commi 4 e 5, ha previsto un limite ai costi complessivamente sostenuti per gli amministratori delle società controllate o interamente partecipate da tutte le amministrazioni pubbliche, riferendolo alla spesa storica sostenuta per il medesimo organo nel 2013. La Corte ammette il riconoscimento di un’indennità di risultato all’amministratore unico, solo se l’onere complessivo a carico della società controllata non superi l’80% di quello sostenuto nell’anno 2013 per la remunerazione del medesimo organo amministrativo della società partecipata.

La normativa richiamata non prevede, invece un limite diretto ai costi che la società, controllata o interamente detenuta, da un ente locale può sostenere a titolo di rimborso di eventuali spese documentate sostenute degli amministratori. Naturalmente appare necessario che il rimborso delle spese documentate, oltre ad osservare il canone della congruità, deve essere conforme ad un preventivo provvedimento autorizzativo.

Secondo la delibera della Corte dei Conti della Emilia Romagna n.95/2016/PAR del 25.10.2016 su richiesta di parere formulato da un Comune sulla corretta applicazione dell’art.4 commi 4 e 5 del D.Lgs. n.95/2012 afferma che il taglio previsto dall’articolo richiamato deve essere considerato tassativo e quindi “a decorrere dal 1° gennaio 2015 il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori delle società controllate o interamente partecipate da amministrazione pubbliche non può superare l’80% del costo complessivo sostenuto nell’anno 2013.

Si può concludere richiamando le pronunce della magistratura contabile che il riconoscimento di un’indennità di risultato, cioè effettiva produzione di utili, nei limiti previsti dalla L. 296/2006 all’art.1 comma 725 , è possibile solo se l’onere complessivo, tenuto conto dell’emolumento base, a carico della società controllata non superi l’80% di quello sostenuto nell’anno 2013.

Giancarlo Zeccherini

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