Il testo unico sulle Società Partecipate alla luce del decreto legislativo n. 100/2017
Certamente la revisione del Testo Unico ha portato ad una rilettura delle norme e ad un loro adeguamento per recepire pienamente le normative civilistiche e le situazioni concrete che si annoverano nel coacervo delle partecipate pubbliche d.Lgs.n.100/2017 in vigore dal 27 giugno 2017. ll provvedimento riassesta il quadro di riferimento e sollecita le amministrazioni e le società ad adottare alcuni provvedimenti. Tra questi, i programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale, con la conseguenza che se, da questi emergono uno o più indicatori di difficoltà, le società devono mettere in atto un piano di risanamento. Inoltre possono rendersi necessarie modifiche agli statuti per quanto riguarda l’organo amministrativo e per l’attività prevalente e le risorse da destinare a finalità diverse.
Si riportano di seguito, sinteticamente, i correttivi più importanti per gli Enti Locali:
1. E’ stata specificatamente ammessa la possibilità per le società partecipate dai Comuni, che non hanno bilanci in perdita e che producono servizi di interesse economico generale, di partecipare alle gare anche fuori dall’ambito territoriale di riferimento, superando un divieto rinvenibile in un’interpretazione restrittiva dell’articolo 4, comma 1, e articolo 2, comma 1, lettera h).
Si tratta di un correttivo particolarmente molto importante e strategico per i futuri assetti del mercato concorrenziale dei servizi di interesse economico generale, mercato che dunque sarà “aperto” in tutto il territorio nazionale, anche alle società partecipate dagli Enti Locali in grado di competere e di procedere ad aggregazioni industriali;
2. E’ stato fissato al 30 settembre 2017 il termine ultimo per l’approvazione dei piani di razionalizzazione straordinaria;
3. E’ stata notevolmente semplificata la procedura relativa alla costituzione e acquisizione di partecipazioni societarie in particolare: l’abrogazione dell’obbligo di motivare la costituzione di una società a partecipazione pubblica con riguardo alla possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate;
4. E’ stata rinviata agli Enti Locali la facoltà di stabilirne le relative modalità per l’indizione obbligatoria di una preventiva consultazione pubblica per l’acquisizione di partecipazioni societarie;
5. E’ stata ridotta la soglia minima di fatturato medio triennale da considerare al fine del piano straordinario di razionalizzazione: per il triennio 2017-2019 la soglia da raggiungere è di 500.000 euro e non più di 1.000.000 euro;
6. E’ stata introdotta la competenza dell’Assemblea dei Soci, e non più del MEF, a decidere sul numero dei componenti dei Consigli di Amministrazione, fermo restando il tetto di spesa;
7. Il divieto – fino al 30 giungo 2018 – di assunzioni a tempo indeterminato per le società controllate dagli Enti Locali decorrerà soltanto dopo la pubblicazione del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che fisserà le modalità operative per la tenuta degli elenchi del personale in eccedenza a seguito delle operazioni di razionalizzazione;
8. E’ stato fissato al 31 luglio 2017 il termine per gli adeguamenti statutari delle società controllate e in-house alle disposizioni in oggetto. Inoltre, il decreto correttivo ha apportato significative modifiche in materia di organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico ulteriori requisiti:
– I componenti dell’organo amministrativo di società a controllo pubblico devono possedere requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza da stabilirsi con apposito DPCM, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, rispetto al quale, per effetto delle integrazioni ora apportate al TUSP, deve essere raggiunta l’intesa in sede di Conferenza Unificata nell’ambito dell’iter di adozione del decreto. Restano valide le norme vigenti (ex art. 5, c. 9, dl n. 95/2012 s.m.i.) che vietano alle PP.AA. ed alle amministrazioni inserite in elenco ISTAT di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza, se non a titolo gratuito e prevedono specifiche limitazioni per incarichi ai dipendenti.
– È disposto (all’art.11 comma 2 ) che l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è, di regola, costituito da un Amministratore Unico.
Il Decreto correttivo ha ora previsto che l’assemblea della singola società a controllo pubblico può decidere di derogare a tale principio, con delibera motivata (con “motivazioni rinforzate”) in relazione a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi. Sussistendo dette condizioni l’assemblea può ricorrere al Consiglio di Amministrazione, composto da 3 o 5 membri, o può decidere di ricorrere a forme di governance alternative (quella di tipo dualistico o quella di tipo monistico).
La disposizione prevede infine che la delibera sia trasmessa alla sezione della Corte dei Conti competente (ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del testo unico) e alla struttura del Ministero dell’economia e delle finanze cui spetta il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del testo unico (ai sensi dell’articolo 15). È altresì sancito (all’art. 11 comma 4) che nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurino il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno per 1/3 del numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno.
Resta fermo che per le società a controllo pubblico costituite in forma di responsabilità limitata (all’art.11 comma 5) non è possibile, in deroga al codice civile, prevedere che l’amministrazione sia affidata disgiuntamente o congiuntamente, a due o più soci.
Il comma 6 dell’art.11 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per la definizione di indicatori dimensionali qualitativi e quantitativi delle società in controllo pubblico, diretti a individuare cinque fasce per la classificazione delle stesse.
Il decreto correttivo stabilisce che l’adozione di tale provvedimento, nel caso di società controllate dalla Regione o da Enti Locali, sia subordinato alla previa intesa in Conferenza Unificata.
È quindi previsto che ad ogni fascia verrà attribuito un limite massimo di remunerazione degli amministratori, titolari e componenti degli organi di controllo, dirigenti e dipendenti, quale trattamento annuo lordo onnicomprensivo che comunque non potrà comunque superare il limite di 240.000,00 €/annui, al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre Pubbliche Amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Le società sono tenute a verificare il rispetto della succitata condizione mentre il provvedimento fa salvi eventuali norme o regolamenti che prevedono compensi inferiori.
Inoltre, l’art.11 comma 7, dispone che – nelle more dell’emanazione del succitato decreto ministeriale – restano in vigore le norme delle previgenti disposizioni in materia di limiti ai compensi degli organi di amministrazione delle società a partecipazione pubblica.
È previsto poi (art.11 comma 8) che gli Amministratori delle società in controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti (al contrario di quanto perseguito con il decreto spending review e successive modifiche). In caso siano invece dipendenti della società controllante hanno l’obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appartenenza.
L’art.11 comma 14) prevede espressamente l’applicazione della disciplina in materia di incompatibilità e inconferibilità di cui al d.lgs. n. 39/2013. Il provvedimento inoltre (c. 9) individua anche alcuni elementi ai quali gli statuti delle società a controllo pubblico, devono essere conformati:
– Attribuzione di deleghe ad un solo Amministratore, salvo al Presidente se autorizzata dall’Assemblea;
– Esclusione carica di Vicepresidente o sua previsione senza compensi aggiunti per specifiche situazioni;
– Divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività;
– Divieto di corrispondere trattamenti di fine mandato ai componenti degli organi sociali nonché quello di istituire organi diversi se non previsti dalle norme generali in tema di società.
È altresì vietato corrispondere ai dirigenti delle società a controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato diversi o ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva ovvero di stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche se previsti dall’articolo 2125 del codice civile.
Nelle società indirettamente controllate dalle Amministrazioni Pubbliche (l’art.11 comma 11) non è possibile nominare, nei Consigli di Amministrazione o di gestione, Amministratori della società controllante, tranne per l’attribuzione di deleghe gestionali a carattere continuativo ovvero per particolari e comprovate competenze tecniche. Sempre l’art.11 comma 12 prevede che coloro che hanno un rapporto di lavoro con le società a controllo pubblico, ed al contempo risultino componenti dell’organo di amministrazione, debbano essere collocati in aspettativa non retribuita con sospensione della posizione contributiva, salvo rinuncia ai compensi a qualsiasi titolo previsti. Le società a controllo pubblico limitano la costituzione di comitati o organi consultivi, ma se lo fanno la remunerazione dei componenti non può superare il 30% di quella prevista per gli organi amministrativi. È prevista l’applicazione agli organi di amministrazione e controllo delle società in house della disciplina della prorogatio degli organi delle pubbliche amministrazioni (decreto-legge n. 293 del 1994, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 444 del 1994); quindi gli organi scaduti saranno prorogati per non più di 45 giorni e possono adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, gli atti urgenti e indifferibili.
Infine, l’articolo l’art.11 comma 16) prevede che le disposizioni in esame non trovino applicazione diretta per le società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico. Nel caso in cui l’amministrazione pubblica abbia una partecipazione superiore al 10% del capitale, l’Ente propone agli organi societari l’introduzione di misure analoghe a quelle succitate (limite numerico degli organi di amministrazione e dei relativi compensi, limiti verso i dipendenti, ulteriori previsioni statutarie limitative e divieto di corresponsioni di ulteriori indennità ai dirigenti).
Dott. Giancarlo Zeccherini
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