I magazzini non saranno soggetti alla TARI

La Corte di Cassazione con la sentenza n.26637/2017 ha confermato  un orientamento giurisprudenziale consolidato (si veda la sentenza della stessa Corte n.22130/2017 commentata recentemente) precisando che: i magazzini adibiti a deposito di materiale destinato alla vendita concorrono all’esercizio dell’impresa e vanno perciò considerati come aree operative, al pari degli stabilimenti o dei locali destinati alla vendita e pertanto la superficie di questi locali va ricompresa per intero nell’ambito della superficie tassabile. Ribadendo di non vedere le ragioni per cui la destinazione delle superficie possa farle considerare escluse dalla possibilità di produrre rifiuti, trattandosi di aree adibite a deposito per le quali la normativa non contempla alcuna ipotesi di esenzione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la esenzione o riduzione delle superfici tassabili deve intendersi limitata a quella parte di esse su cui insiste l’opificio vero e proprio, perché solo in tali locali possono formarsi rifiuti speciali, per le specifiche caratteristiche strutturali relative allo svolgimento dell’attività produttiva, mentre in tutti gli altri locali destinati ad attività diverse, i rifiuti devono considerarsi urbani per esclusione, salvo che non siano classificati rifiuti tossici o nocivi e la superficie di tali locali va ricompresa per intero nell’ambito della superficie tassabile.

La Corte inoltre precisa che la legittimazione all’esonero si verifica allorquando l’impossibilità di produrre rifiuti dipende dalla natura stessa dell’area o del locale, ovvero dalla loro condizione di materiale ed oggettiva inutilizzabilità cioè dal fatto che l’area ed il locale siano stabilmente, ovvero in modo permanente e non modificabile, ad essere destinati a funzioni direttamente o indirettamente produttive. Quindi la giurisprudenza della Corte, anche nel caso in specie, vede confermato il principio della possibilità di tassare i magazzini.

In queste settimane la TARI rimane al centro delle cronache sia per l’errata applicazione riferita alle pertinenze dove è stato necessario l’intervento del Ministero dell’Economia e delle Finanze tramite la circolare  prot. n. 41836/2017 a seguito della notevole risonanza che ha avuto sui mezzi d’informazione la questione concernente il calcolo della parte variabile della tariffa sui rifiuti relative alle utenze domestiche fornendo i relativi chiarimenti.

Ulteriori disagi ed incertezze sono dettate dalla autonomia regolamentare in capo ai Comuni; con il risultato che una impresa alberghiera abbia una tassazione triplicata da un Comune ad altro Comune. Sarà fondamentale, al fine di superare una incertezza normativa e regolamentare che si è prodotta nell’ultimo decennio scatenando battaglie giudiziali continue sull’entità del conto TARI, attuare le norme già adottate e quelle in fase di completamento.

Infatti nel mese di aprile il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato il Decreto con i criteri richiesti ai Comuni circa la realizzazione di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura intera e dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati. Detto decreto porterà certamente maggiore chiarezza sull’applicazione della TARI.

Inoltre, il Ministero dell’Ambiente è in procinto di emettere il decreto attuativo contenente i criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani (come demandato nel Codice Ambientale).

Il testo del decreto è alla sua stesura finale ed all’art.3 sono fissati i sopra citati criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali prodotti dall’imprese ai rifiuti urbani, sia ai fini dell’applicazione delle regole sulla raccolta e lo smaltimento, sia per l’applicazione della tassa rifiuti (TARI) regolamentata dai Comuni.

L’art. 3 prevede che possono essere assimilati agli urbani i rifiuti speciali prodotti dalle trenta attività elencate nell’allegato 1 al D.M e che, invece, non siano assimilabili ai rifiuti urbani unicamente i rifiuti speciali che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e prodotti finiti. Ecco la novità in arrivoi rifiuti speciali che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e prodotti finiti, non sono assimilabili ai rifiuti urbani. Tali disposizioni normative avranno efficacia al fine di garantire una tassazione sui rifiuti più equa e un abbattimento del contenzioso ma è  necessario una azione forte da parte dei Comuni.

I Comuni al fine di garantire una tassazione equa devono riuscire ad ampliare l’ambito di applicazione della tassa TARI, compensando la mancata entrata derivante dai magazzini. Per giungere a questo risultato diventa fondamentale dotarsi di una organizzazione del servizio efficiente che consenta una misurazione puntuale della tariffa, mediante una attività regolamentare chiara e soprattutto una conoscenza certa del proprio territorio,  con particolare riferimento ai dati e alle informazioni pertinenti alla tassazione TARI.

Dott. Giancarlo Zeccherini

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