I rimborsi TARI non partono, è necessaria una norma di legge

Nelle ultime settimane il tema più caldo il materia di tributi locali è certamente stato quello riguardante la TARI. Il contribuente si è trovato di fronte all’ennesimo caos suscitato da norme non chiare. Il fatto è la risposta all’interrogazione parlamentare in Commissione finanze della Camera dei Deputati n.5-10764, a cui ha fatto seguito la circolare del Mef n.1/df del 20.11.2017, concernente l’applicazione della quota variabile della tassa sui rifiuti (TARI) sulle pertinenze delle abitazioni catastalmente distinte.

La circolare ministeriale ha messo in difficoltà i Comuni che avevano adottato una diversa interpretazione della norma, in assenza di disposizioni chiare e di specifici interventi interpretativi del ministero in merito. Il Ministero nella sua circolare richiama il metodo normalizzato (dpr 158/1999) che prevede quota fissa in relazione a superficie e numero occupati e quota variabile parametrata solo al numero di questi ultimi. Alcuni Comuni nel caso di utenza formata da abitazione e da una o più pertinenze catastalmente separate, hanno determinato il tributo applicando la quota variabile più volte, in base al numero delle unità immobiliari possedute o detenute. A quasi due mesi dall’esplosione del problema, e svariati dibattiti parlamentari, per i rimborsi della TARI illegittima su garage, cantine e altre pertinenze è tutto pronto. Il diritto all’indennizzo è certificato dalla circolare del MEF, ci sono i moduli per le richieste, in carta semplice.

I sindaci hanno annunciato la possibilità dei rimborsi automatici, senza nemmeno imporre agli utenti l’incombenza di chiederli. A bloccarli ci sono due incognite non proprio di dettaglio: la prima non è chiaro come calcolarli, la seconda come finanziarli. Le incognite sono legate fra loro dal principio cardine della TARI poiché il suo gettito serve a finanziare il costo del servizio, e siccome raccolta e smaltimento dei rifiuti non possono essere coperti con fondi alternativi; gli importi rimborsati ai contribuenti colpiti dai calcoli illegittimi dovrebbero essere chiesti alla generalità degli utenti.

Non si deve dimenticare che il diverso criterio di calcolo del tributo adottato dal Comune non ha inciso sul gettito complessivo dello stesso, come è noto vincolato per legge alla copertura del costo totale del servizio rifiuti.

Nell’ipotesi in cui il Comune dovesse provvedere a rimborsi massivi, si potrebbe ipotizzare che il relativo onere possa essere coperto nei piani finanziari degli anni successivi a quello in cui gli stessi sono stati effettuati, tenendo però a mente il parere contrario espresso più volte dal giudice amministrativo e dalla Corte dei Conti. Tali oneri si potrebbero ritenere imputabili ad uno scostamento tra il gettito preventivo e quello consuntivo del tributo comunale sui rifiuti, derivante da eventi imprevedibili non dipendenti da negligente gestione del servizio ( dovuti ad incertezza applicativa, del tributo in merito al calcolo delle quote variabili sulle pertinenze, a mancata chiarezza della norma e ad assenza di interventi ministeriali sulla questione). Detta soluzione, che comporta pregi e difetti come annunciato nella relazione ANUTEL, determinerebbe comunque un aggravio sui piani degli anni futuri, con conseguente aumento tariffario, fermo restando che data l’elevata incertezza della sua applicazione necessiterebbe di un intervento normativo o quantomeno interpretativo a livello ufficiale.

E’ auspicabile, come contenuto dalla relazione ANUTEL, un intervento normativo che chiarisca in modo univoco la modalità di applicazione del tributo sulle utenze domestiche, consentendo a tutti i Comuni di riallinearsi alla stessa già con i regolamenti del 2018. La norma inoltre deve prevedere la copertura dei costi dei rimborsi dai piani finanziari futuri, lasciando in sostanza l’onere in capo alla fiscalità generale del Comune, poiché si paleserebbe una violazione del principio della copertura integrale dei costi del servizio. Occorre una norma chiara che specifichi ai fini TARI che per la tassazione delle utenze domestiche si intende come singola utenza quella composta dalla superficie del locale abitativo e dei locali che ne costituiscono pertinenza. La stessa solleverebbe tuttavia la problematica di quei regolamenti che prevedono la tassazione autonoma delle unità immobiliari pertinenziali distintamente censite in catasto rispetto a quella abitativa, con la commisurazione della parte variabile della tariffa al quoziente familiare di un componente, così prescindendo dal numero dei conviventi nell’abitazione.

Se non avviene un intervento normativo, le conseguenze del rimborso effettuato, allo stato delle disposizioni normative oggi vigenti, non potranno che tradursi in un aumento dei costi dell’anno in cui il rimborso verrà effettuato. Pertanto sarebbe opportuno prevedere una specifica disposizione che attenui l’impatto economico della restituzione, magari consentendo di spalmare il costo del rimborso per più annualità, e non interamente nel piano finanziario successivo a quello dell’annualità in cui il rimborso è stato effettuato. Ad ogni buon conto è auspicabile che quei Comuni che abbiano regolamentato per la tassazione delle singole pertinenze e  siano determinati ad attivarsi per il rimborso è opportuno che incrementino l’attività di accertamento e riscossione coattiva, in modo da recuperare parte di risorse per contrarre l’impatto sul piano finanziario dei costi del rimborso.

 

Dott. Giancarlo Zeccherini

Richiedi maggiori informazioni
per conoscere la soluzione idonea al tuo Comune