IMU agricola: esentati gli agricoltori che continuano a condurre terreni

Tutti i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola,anche se già pensionati, indipendentemente dall’ubicazione dei terreni stessi. Lo precisa la risoluzione n.1 DF del Mef emanata il 28 Febbraio 2018 che in parte viene riportata integralmente:
…con riferimento al coltivatore diretto (CD), occorre ricordare, come già chiarito anche nella circolare n° 3/DF del 2012, che per la sua definizione si rinvia a quanto stabilito dal codice civile che all’art. 1647 lo individua nel soggetto che coltiva il fondo “col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia” e lo inquadra nella categoria dei piccoli imprenditori di cui all’art. 2083. Inoltre, dalle leggi speciali emergono diverse definizioni di carattere settoriale dalle quali possono evincersi altri elementi comuni ai fini di una nozione onnicomprensiva e, precisamente, il fatto che il soggetto si dedichi direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo, con lavoro proprio o della sua famiglia, e che la sua forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione del fondo. A ulteriore conferma di quanto appena esposto deve aggiungersi anche il disposto dell’art. 2 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 secondo il quale condizione per il diritto all’assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e per quello alla assicurazione di malattia per i coltivatori diretti è che “l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame […] il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell’allevamento e nel governo del bestiame […] si ritiene sussistente quando i soggetti indicati […] si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività. Per attività prevalente […] deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell’anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito”.

Passando all’analisi della figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), si ricorda che, l’art. 1, comma 1, del D. Lgs. n. 99 del 2004, richiamato espressamente dall’art. 13 del D. L. n. 201 del 2011, individua lo IAP in colui che dedica alle attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava dalle attività medesime almeno il 50% del reddito globale da lavoro. Il medesimo comma 1 precisa, inoltre, che dal reddito globale di lavoro sono escluse le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo.

“Dal complesso delle norme sin qui riportate emergono, quindi, due aspetti fondamentali che meritano di essere evidenziati ai fini del riconoscimento della qualifica di CD e di IAP – e dell’applicazione delle relative agevolazioni – vale a dire innanzitutto che non viene richiesto dal Legislatore che tali soggetti traggano dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito.
Inoltre, la legge prevede l’obbligo per coloro che sono qualificati come CD o IAP di iscriversi nella gestione previdenziale dei coltivatori diretti, dei coloni e dei mezzadri, purché svolgano tale attività con abitualità e prevalenza. La valutazione dell’abitualità e prevalenza, i cui criteri sono definiti dal citato art. 2 della legge n. 9 del 1963, va effettuata rispetto a un’altra attività lavorativa.

L’obbligo di iscrizione non viene, quindi, meno a causa della percezione di un trattamento pensionistico. A conferma di ciò, la normativa previdenziale stabilisce che i lavoratori che versano i contributi successivamente alla data di decorrenza della pensione possono percepire un supplemento della stessa (cfr. art. 7 della legge n. 9 del 1963 e art. 9 della legge 2 agosto 1990, n. 233). Più recentemente, l’art. 59, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, prevede che i lavoratori autonomi già pensionati presso le gestioni dell’INPS e con più di 65 anni di età, possano esercitare la facoltà di chiedere la riduzione del 50 per cento del contributo previdenziale, se già pensionati. A commento di tale disposizione, l’INPS nella circolare n. 33 del 1999 ha specificato che “la riduzione contributiva può essere richiesta dagli iscritti alla Gestione degli artigiani e degli esercenti attività commerciali e dei lavoratori autonomi dell’agricoltura che siano già pensionati presso le gestioni dell’Istituto ed abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, siano essi titolari di impresa o collaboratori familiari”.

Per quanto riguarda, in particolare, lo IAP la compatibilità dello svolgimento dell’attività agricola con lo status di pensionato emerge anche dalla circostanza che dal computo del 50% del reddito globale da lavoro per la verifica del requisito richiesto per il riconoscimento della qualifica di IAP sono escluse, tra l’altro, le pensioni di ogni genere, mettendo così in risalto la considerazione che la qualifica di IAP ben può essere riconosciuta anche a un soggetto già titolare di pensione.

Tenuto conto del quadro normativo sin qui delineato, emerge che la disciplina che regola l’IMU contempla espressamente l’ipotesi in cui il CD e lo IAP pensionati continuino a svolgere la loro attività in agricoltura, dal momento che è possibile essere iscritti nella previdenza agricola anche nel caso in cui il soggetto sia già pensionato e continui a svolgere effettivamente l’attività agricola. Si deve evidenziare che non può pervenirsi a diversa conclusione sulla base degli elementi desumibili dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 336 del 2003 e n. 87 del 2005) e della Corte di Cassazione (sentenze n. 12565 del 2010 e n. 13745 del 2017) dal momento che tali pronunce riguardano esclusivamente l’ICI, tributo diverso dall’IMU.

Quest’ultima imposta, infatti, a norma dell’art. 8, comma 1, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha sostituito l’ICI introducendo proprio nel settore agricolo significative modifiche, considerato che nella disciplina dell’IMU non è stata più riprodotta la disposizione recata dal comma 21 dell’art. 58 del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, la quale si riferiva al CD e alle persone fisiche qualificabili come imprenditori agricoli a titolo principale (IATP) – figura professionale quest’ultima sostituita da quella dello IAP, di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, a cui fa rinvio il nuovo regime IMU e che non ricomprende solo le persone fisiche – e prevedeva l’iscrizione negli appositi elenchi comunali, ormai soppressi.

Pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui espresse, si deve concludere che ai fini IMU sono esenti tutti i terreni agricoli, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, anche se già pensionati, indipendentemente dall’ubicazione dei terreni stessi, ai sensi dell’art. 1, comma 13 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e sono considerati non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dagli stessi soggetti, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali, in virtù dell’art. 13, comma 2, del D. L. n. 201 del 2011

Molti, infatti erano i dubbi sulla possibilità di riconoscere o meno a detti soggetti il trattamento agevolato dell’IMU, soprattutto perché negli anni passati si era consolidata una giurisprudenza che non favoriva una risposta positiva alle richieste della categoria. Tale principio da ultimo è stato ribadito dalla sentenza 13745/2017 della Cassazione che ha negato le agevolazioni a un pensionato, iscritto nella previdenza agricola; affermando che la finalità delle agevolazione è quella di alleggerire il carico tributario dei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito. Il Mef ha condotto una ricognizione delle norme in vigore ed ha spazzato il campo da dubbi interpretativi partendo dalla considerazione che le sentenze intervenute non riguardavano l’IMU ma l’ICI, tributo diverso che contemplava sul punto una differenza disciplina come riportato nel dispositivo in base alla quale veniva considerato coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale.

Dott. Giancarlo Zeccherini

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