Aree Edificabili: possibile rettificare l’importo determinato dal Comune, valori sanabili

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 4969 del 02 Marzo 2018 ha fissato un importante principio, i Comuni hanno il potere di accertare i valori delle aree edificabili in misura superiore a quelli fissati dallo stesso Comune, con delibera di giunta o consiglio comunale, se questi valori risultano inferiori a quelli indicati in atti pubblici o privati di cui l’Ufficio Tributi sia in possesso o a conoscenza.

Il fatto di specie: un Comune notificava ad una società l’avviso di accertamento in relazione all’ICI dovuta per l’anno 2010, il valore di un’area edificabile denunciato, ai fini della predetta imposta, in misura superiore ai valori minimi predeterminati dal Comune. La società impugnava l’atto davanti alla C.T.P., la quale accoglieva il ricorso, riformato dalla C.T.R. su appello del Comune. Il valore dell’area, secondo i giudici di secondo grado, era stato legittimamente determinato dal Comune in quanto il citato art. 59 comma 1, lett. g), d. lgs. n. 446/97, consente ai comuni di determinare periodicamente i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili per zone omogenee, ma non impedisce all’ente impositore di superare la relativa presunzione di valore, in presenza di elementi di giudizio decisivi, quale è appunto il prezzo pattuito nell’atto di compravendita dell’immobile per cui è causa, stipulato dalla stessa società contribuente in epoca antecedente l’anno di imposizione.

La società impugnava con due motivi: primo deduce che ai sensi dell’art. 360 c.p.c comma 1, n.3, omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non avendo la C.T.R. esaminato la questione afferente la inadeguatezza del corrispettivo indicato nell’atto di compravendita del 2007, ed elevato a valore presuntivo ai fini ICI per il 2010, nonostante la perizia di parte avesse evidenziato la criticità della situazione di mercato e delle prospettive di sviluppo immobiliare della zona; secondo motivo deduce, che ai sensi dell’art. 360 c.p.c, comma 1. n,3, violazione e falsa applicazione dell’art.59, comma 1, d. lgs. n. 446/97, non avendo la CTR considerato che la richiamata disposizione inibisce in modo assoluto l’esercizio del potere di accertamento dei Comuni in tema di valore venale ai fini ICI delle aree fabbricabili qualora i contribuenti si adeguino ai valori minimi da essi deliberati.

Il primo motivo è inammissibile perché secondo la giurisprudenza della suprema corte “la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione resa in modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame; ne consegue che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360, n.3 o n.5, c.p.c. anziché dell’art. 360, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 112 dello stesso codice, il ricorso è inammissibile (Cass. n. 11801/2013)“.

Il secondo motivo è infondato e non merita accoglimento, la potestà regolamentare riconosciuta agli Enti Locali in materia di tributi propri consente di introdurre, nel sistema normativo, elementi specifici mutuati dalla realtà dei territori, al fine di meglio adattare la disciplina statale a quella locale, ed in tale prospettiva è stato riconosciuto ai Comuni, in materia ICI, con l’art. 59 d. lgs. 446/97, di avvalersi della potestà regolamentare in materia di gestione delle entrate tributarie, ad eccezione di ciò che attiene alla determinazione della fattispecie imponibile, all’identificazione dei soggetti passivi ed alla fissazione dell’aliquota massima. Dunque il Comune può regolamentare in modo autonomo le previsioni applicative dei propri tributi dovendo esclusivamente operare nel rispetto dei limiti dettati dall’art. 52, comma 1, d. lgs. 446/97.

Infine sui cambi di destinazione, se il Comune non comunica ai contribuenti le variazioni urbanistiche e i cambi di destinazione dei terreni in aree edificabili, l’omissione non rende nullo gli avvisi di accertamento pur essendo un obbligo imposto dalla legge all’amministrazione comunale. Pertanto i titolari dei terreni divenuti edificabili sono tenuti a pagare le imposte su un’area edificabile anche se il Comune non li abbia informati delle variazioni apportate allo strumento urbanistico e non abbia comunicato il cambio di destinazione del terreno (Cass. Sentenza 15558/2009). Tuttavia, nei casi in cui il Comune non abbia provveduto a comunicare formalmente il cambio di destinazione, e il contribuente violi l’obbligo di dichiarazione e di versamento, si può ritenere che ricorra una causa di non punibilità. Ai Comuni si consiglia alle luce di quanto emerge dal pronunciamento giurisprudenziale in primo luogo di attivare una attività di verificare sull’esistenza di atti notarili per il terreno accertato e del terreno adiacente; attività possibile mediante l’adozione di un modello organizzativo dei dati funzionale ad integrare dinamicamente le informazioni dell’Ente.

Dott. Giancarlo Zeccherini

Richiedi maggiori informazioni
per conoscere la soluzione idonea al tuo Comune