Nei Rifiuti Urbani non sono compresi gli Imballaggi
Si richiama il pronunciamento della Corte di Cassazione con la sentenza 8909/2018 in tema di rifiuti dove viene chiarito che i rifiuti dei centri commerciali in riferimento a imballaggi terziari e secondari in mancanza della attivazione della raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani nell’esercizio ad essi restituito dall’art.21 decreto Ronchi e dalla abrogazione dell’art.39 l.n.146/94.
In sintesi il fatto:
Una società ricorre per la cassazione sulla sentenza n.134/05/2009 della CTR Lombardia confermando la decisione di primo grado, ha disatteso la domanda di annullamento della cartella esattoriale emessa per il pagamento della tassa rifiuti anno 2005, sul rilievo che “l’esclusione del regime di privativa Comunale non può trovare concreta applicazione fino alla reale entrata in vigore del sistema tariffario previsto dal Decreto Ronchi” e che il contribuente non poteva conseguentemente sottrarsi al pagamento della TARSU per i rifiuti smaltiti a proprie spese.
I motivi di impugnazione da parte della contribuente primo ai sensi dell’art.360 c.p.c. , comma 1, n.3, violazione e falsa applicazione degli art.21 e 49, D. Lgs. n.22/97, nonché 7, D.P.R. n.158 del 1999 giacchè la CTR non ha considerato che la società aveva provveduto direttamente all’avvio al recupero dei rifiuti dalla stessa prodotti in quanto il Comune, a decorrere dal 01/01/2003, aveva preso la privativa dello smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati. Il secondo motivo è ai sensi dell’art. 360 c.pc., comma 1, n.4 omessa pronuncia in ordine al lamentato mancato svolgimento, da parte del Comune, del servizio di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati, come comprovato dalla corrispondenza intercorsa con l’ente impositore, non essendo contestabile che il dovere del contribuente di corrispondere la tassa presuppone la possibilità di utilizzo del servizio comunale, in quanto effettivamente attivato. I suesposti motivi vanno accolti per le ragioni e nei termini di seguito precisati.
In base al quadro normativo di riferimento il Comune, che non aveva introdotto la “tariffa” di cui al c.d. decreto Ronchi, ben poteva assimilare ai rifiuti urbani quelli speciali, e poiché nella specie detto potere è stato concretamente esercitato, mediante l’adozione di apposita delibera consiliare, l’Ente Locale poteva pretendere la tassa con riferimento ai rifiuti speciali assimilati a quelli urbani, la cui produzione comporta l’assoggettamento al tributo dei locali e delle aree interessate, a prescindere dal fatto che l’utente avesse o meno dimostrato di averli a propria cura e spese, non ricorrendo alcuna ipotesi di esclusione dal pagamento della tassa. Se non che, com’è pacifico tra le partila società, gestendo un ipermercato, sulla superficie dichiarata ai fini della tassa in questione produceva rifiuti urbani, e rifiuti speciali assimilati agli urbani, consistenti in materiali di vario genere. Orbene, i rifiuti di imballaggio sono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato essenzialmente dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro “gestione”, termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento, e ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari; per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale, mentre per gli imballaggi secondari è ammessa solo la raccolta differenziata da parte dei commercianti al dettaglio che non li abbiano restituiti agli utilizzatori. Ne deriva che i rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli secondari, ove non sia attivata la raccolta differenziata, come appunto nel caso di specie, non possono essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dall’art.21 del Decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della l.n.146/94 art.39, e i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario.
Ciò non comporta, come pure evidenziato dalla richiamata sentenza n.627/2012 di questa Corte, che tali categorie di rifiuti siano, di per sé esenti dalla TARI, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs.n.507 del 1993, art 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producono rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinali (come certamente nella fattispecie, trattandosi di un centro commerciale comprendente locali di varia destinazione), l’esclusione della tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali. Incombe, inoltre, all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile, atteso che pur operando anche in materia in esame, per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale, il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale. Il principio contenuto nella sentenza è che detti rifiuti non sono assimilabili e quindi non possono essere conferiti al servizio pubblico, al pari dei rifiuti speciali non assimilabili ma che ad essi si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali TARI art.1.co.649 legge 147/2013.
Giancarlo Zeccherini
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