TARSU: accertamento solo per omissione o infedeltà
La Commissione Regionale tributaria di Roma ha stabilito con sentenza 5022 del 13.07.2018 che i Comuni devono emanare gli avvisi di accertamento solo in presenza di una dichiarazione TARSU omessa o infedele.
Il Fatto e svolgimento del procedimento:
Con rituale ricorso C.P. impugnava la cartella di pagamento con la quale Equitalia Sud s.p.a., per conto del Comune , gli aveva richiesto il pagamento di somme a titolo di TARSU per gli anni 2010 e 2011. Il ricorrente eccepiva preliminarmente la decadenza e la prescrizione della pretesa impositiva, essendo avvenuta l’iscrizione a ruolo senza alcun contraddittorio e senza alcuna preventiva comunicazione. Nel merito, contestava la fondatezza dell’imposizione fiscale, sia perché il servizio non era assicurato, trovandosi i cassonetti più vicini agli immobili oggetto di pretesa ad oltre tre chilometri, sia perché trattava di fabbricati rurali per i quali vigeva apposita normativa che consentiva l’utilizzazione agronomica dei rifiuti stessi, utilizzati come ammendanti naturali. S
i costituiva in giudizio l’ente impositore, Comune di Montelibretti, sostenendo che la pretesa era fondata su precedenti avvisi di accertamento, notificati in data 29.11.2000, e divenuti definitivi, poiché non impugnati nei termini, mentre le riduzioni invocate non erano state espressamente richieste nei termini regolamentari previsti. Si costituiva Equitalia Sud s.p.a., eccependo il difetto di legittimazione passiva per la fase impositiva e di formazione dei ruoli e chiedendo il rigetto del ricorso per il proprio operato nella fase esecutiva.
Con sentenza n. 332/11/17, in data 14.12.2016-12.01.2017, l’adita Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso, con condanna del Comune alle spese di giudizio, sul presupposto della mancata preventiva emissione dell’avviso di accertamento. Il Comune proponeva appello avverso detta sentenza, invocando il disposto dell’art. 72, comma 1, D.Lgs. n. 507 del 1983, in base al quale era consentito ai Comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, senza la necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, nei casi in cui la liquidazione avveniva sulla base dei ruoli dell’anno precedente, e, quindi, in forza di un’operazione puramente automatica.
Nella fattispecie, il carico del ruolo era consolidato perché derivante da denuncia presentata direttamente dal contribuente valevole dal 1999 e da avvisi di accertamento, relativi agli anni dal 1996 in avanti, notificati nell’anno 2000 e non impugnati. Si costituiva in giudizio il contribuente, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello perché non proposto dal sindaco, legale rappresentante dell’ente; nel merito, resisteva e ribadiva i motivi oppositivi contenuti nel ricorso di primo grado.
L’appello è stato ritenuto fondato e innanzitutto, ai sensi dell’art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992 (nella formulazione introdotta dal D.L. n. 44 del 2005, convertito in L. n. 88 del 2005, ed applicabile anche ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore), l’ente locale, nei cui confronti é proposto il ricorso, può stare in giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, anche in grado di appello, mediante il Dirigente l’Ufficio Tributi, da intendersi come il Dirigente responsabile dell’Ufficio dello specifico tributo oggetto di lite ovvero, in mancanza di tale figura, al titolare della posizione organizzativa comprendente detto ufficio (Cass., n. 19445/2015; n. 13230/2009).
Nella fattispecie, l’appello è stato proposto dal funzionario responsabile del servizio, senza che tale dedotta qualità – normativamente utile per la proposizione del gravame – sia stata contestata dall’appellato. E’ poi noto che l’art. 72, primo comma, del D.Lgs. n. 507 del 1993, attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo sulla base dei ruoli dell’anno precedente, senza necessità di emissione e notifica di alcun avviso di accertamento, purché sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione (Cass., n. 23582/2009; Cass., n. 19181/2004; n. 22248/2015; n. 19120/2016; n. 19201/2017; n. 4967/2018). Nel caso di omessa denunzia o infedele o incompleta dichiarazione da parte del contribuente occorre invece la preventiva notifica di un atto di accertamento.
Nel caso di specie, risulta che l’Ente Locale abbia emesso avvisi di accertamento per due immobili per i quali non era stata presentata denuncia e per altro immobile, rettificando la denuncia presentata. I detti avvisi di accertamento, notificati in data 29.11.2000, non risulta in atti siano stati oggetto di impugnativa, né di alcuna contestazione per gli anni successivi; così chè correttamente il Comune appellante, per gli anni di imposta 2011 e 2012, ha liquidato la tassa sulla base dei ruoli degli anni precedenti senza necessita di emissione di alcun preventivo atto di accertamento.
Infine, come già evidenziato nella sentenza C.T.P. 10044/01/17, relativa ad analoga pretesa impositiva relativa all’anno di imposta 2012 e fatta valere anche in quel caso con cartella esattoriale, il contribuente non ha documentato la presentazione di tempestive richieste finalizzate ad ottenere agevolazioni o esenzioni dal tributo, né ha offerto in giudizio prova documentale circa la spettanza di tali agevolazioni o esenzioni. L’accertamento deve essere emanato solo in presenza di una dichiarazione omessa o infedele; il Comune ha richiesto la tassa sulla base di quanto dichiarato dal contribuente, le somme non pagate vanno riscosse direttamente a mezzo di ruolo o ingiunzione, come affermato con ordinanza 3184/2018 della Cassazione.
Giancarlo Zeccherini
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