L’avviso dell’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo della motivazione

La Corte di Cassazione sezione 5 con sentenza n. 30039/2018 ha stabilito il principio di illegittimità di un atto che non indica i fatti e il percorso procedimentale a sostegno della richiesta della pubblica amministrazione, perché diventa fondamentale per garantire il diritto di difesa da parte del contribuente.

Il fatto: la CTR accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente riformando la sentenza della C.T.P. che aveva come oggetto un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta IVA; in specifico l’Agenzia riteneva non applicabile l’aliquota ridotta al 4% prevista dalla Tabella A parte II n.21 allegata al d.p.r. n. 633/72 per le case non di lusso, ritenendo che la compravendita rientrasse nella disciplina del D.M. 02.08.1969 e calcolando la differenza, comprensiva di interessi.

La contribuente eccepiva un vizio di motivazione perché rinviava ad un parere dell’Agenzia non allegato all’atto quindi sconosciuto all’interessato. La Corte osserva che dalla lettura della sentenza della CTP che il contenuto del parere cui rinvia la motivazione dell’avviso, rilevante ai fini della difesa è stato conosciuto solo durante l’istaurazione del processo. La Suprema Corte non ignora che, in passato, la giurisprudenza di legittimità ha affermato l’applicabilità all’impugnazione dell’avviso della c.d. teoria della provocatio ad opponendum (Cass. 01.03.2016 n. 4047; Cass. 21.04.2011 n. 9187); nondimeno la Corte richiama un difforme orientamento giurisprudenziale, di segno maggiormente restrittivo, espresso, tra le altre dalla decisione Cassazione 17 ottobre 2014 n. 22003.

E’ questo secondo orientamento ad essere maggiormente convincente, secondo il collegio, che condivide integralmente l’argomentazione secondo la quale nel procedimento tributario, la motivazione dell’avviso di accertamento assolve ad una pluralità di funzioni, che garantisce il diritto di difesa del contribuente, delimitando l’ambito delle ragioni deducibili dall’ufficio nella successiva fase processuale; in modo di consentire una corretta dialettica processuale, presupponendo l’onere di enunciare i motivi di ricorso, a pena di inammissibilità, e la presenza di leggibili argomentazioni dell’atto amministrativo, contrapposte a quelle fondanti l’impugnazione, e, infine assicura ,nel rispetto del principio costituzionale di buona amministrazione, un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, permettendo di comprendere la “ratio” della decisione adottata.

La Suprema Corte in conclusione afferma il seguente principio di diritto: “l’avviso soddisfa l’obbligo della motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel suo “petitum e nella causa petendi”, attraverso una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, senza che l’atto possa esaurirsi nell’enunciazione di una imposizione fiscale di per sé, il cui fondamento sia soggetto a verifica processuale eventuale ex post, dovendo la motivazione dare conto degli elementi di fatto ed istruttori del procedimento, e del fondamento di legalità, i quali rendono da un lato trasparente il buon andamento (art. 97 Cost.) e dall’altro, rendendo subito pienamente controllabile l’operato della Pubblica Amministrazione.

Giancarlo Zeccherini

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